Cardiochirurgia
La Cardiochirurgia è quel ramo relativamente nuovo della medicina che si propone di intervenire a livello chirurgico sulle malattie del cuore, sia di natura congenita che acquisita.
CENNI STORICI
Leonardo Da Vinci fu il primo a regalare all´umanità una delle primissime illustrazioni, raffiguranti una sorta di difetto congenito concernente una connessione anormale delle vene polmonari. Ciò nonostante, siamo costretti ad attendere più di due secoli per poter beneficiare di concreti fondamenti scientifici circa degli esempi di lesioni cardiache congenite.
Proprio Giambattista Morgagni (1688-1771), grazie all´immensa possibilità che le autopsie ed il conseguente avvento dell´anatomia patologica fornirono ai medici, quella cioè di poter finalmente analizzare i difetti all´interno dei ventricoli del cuore, riportò con doverosa minuzia ciò che fino a quel momento nessuno era riuscito ad osservare.
Il tristemente noto “Morbo Blu”, chiamato in seguito: “Tetralogia di Fallot”, fu esplicato dall´omonimo Arthur Fallot solo nel 1888, mentre la prima “classificazione sistematica delle cardiopatie congenite” fu opera di Maude Abbot, ma siamo oramai già nel XX secolo.
Va detto però, che per diagnosticare con precisione le malattie del cuore, a livello congenito, non si possedevano ancora gli strumenti idonei, almeno fino a tutti gli anni ´30. E´ con Alfred Blalock e Helen Taussig, nel 1944, che grazie al primo intervento “miracoloso”, in cui si riuscì a praticare una congiunzione tra la circolazione sistemica e quella polmonare, in modo tale da consentire al sangue di arrivare ai polmoni ed ossigenarsi, che la cardiochirurgia riscosse un incontestabile successo sul campo. Basti pensare che la percentuale dei pazienti sopravvissuti, nei primi cinque anni successivi all’operazione, toccava addirittura il 70/80% del totale.
Come è intuibile, la fase storica che ricopre gli eventi salienti degli interventi cardiaci degli anni a cavallo tra il ’40 ed il ’50, è caratterizzata da una forte sperimentazione, animata dal desiderio comune di trovare il modo per intervenire chirurgicamente sul cuore. Come spesso accade, il progresso ha in noce numerosi insuccessi, come documenta John Gibbon, nei suoi esperimenti che prevedevano l’utilizzo di un’apparecchiatura meccanica “cuore-polmone”, in cui egli cercò di percorrere l’ardua via della “circolazione extracorporea”. Purtroppo i suoi quattro pazienti non beneficiarono dei risultati sperati.
Anche lo stesso William Glenn, nel 1958 cercò di deviare il sangue venoso nel letto vascolare polmonare, bypassando il ventricolo destro, superando così il disturbo circolatorio preesistente. Ma purtroppo, l’effetto di tale operazione causava nel tempo delle grosse complicazioni, per colpa dell’insorgere di alcuni circoli venosi collaterali e delle fistole arterovenose.
Ma con lo sviluppo tecnologico, che vide l’utilizzo dei raggi X e dell’elettrocardiografia, sia nella cardiologia che nella cardiochirurgia pediatrica, divenne finalmente più chiaro ai medici, come ricondurre le caratteristiche dei sintomi del paziente al tipo di eventuale lesione cardiaca all’origine del problema.
Per quel che riguarda gli interventi a “cuore aperto”, come non menzionare C. Walton Lillehei, che nello stesso periodo mise a punto una tecnica differente: la “cross circulation”, che attraverso l’utilizzo di un parente stretto del paziente, in luogo di “macchina” cuore-polmoni, ottenne dei risultati considerevoli. Certo, dal punto di vista etico era inevitabile che il fatto sollevasse numerose perplessità.
Non fu così per John Kirklin e la famosa “macchina cuore-polmoni” di Mayo-Gibbon, frutto della cooperazione della Mayo Clinic nel migliorare la preesistente macchina del Dr. Gibbon, rendendo più semplice ed efficiente il suo ossigenatore a schermo. Bisogna dire che in un primo periodo, gli interventi chirurgici a cuore aperto, nel far fronte a patologie congenite, producevano risultati molto più affidabili nei pazienti sopra i due anni d’età, e raggiungevano l’optimum nei bambini sopra i dieci anni. Il motivo era ovviamente nella maggior forza di sopportazione post intervento, richiesta da questa complessa procedura chirurgica. E’ per questa ragione che i neonati e i bambini venivano trattati inizialmente con dei processi palliativi, per essere sottoposti all’intervento intracardiaco di riparazione, solo verso il quinto/settimo anno d’età.
Dobbiamo invece al dottor Aldo Castaneda, che dal 1972, al Children’s Hospital di Boston, intraprese un progetto focalizzato proprio sulla correzione chirurgica in età neonatale e nella prima infanzia, utilizzato per tutti i tipi di cardiopatia congenita. I risultati furono tali, che finalmente l’intero mondo medico si convinse dell’importanza fondamentale di dover operare nei primissimi anni di vita per ridurre la mortalità precoce e rendere esigui i danni secondari d’organo. Dunque, in virtù di questo intervento precoce, il bambino ha più probabilità di superare naturalmente la fase patologica, e questa è divenuta la linea guida dominante ai giorni nostri, dove oramai la possibilità di correggere al livello chirurgico le malattie congenite del cuore sono cresciute esponenzialmente. Lo straordinario miglioramento qualitativo che ha successivamente investito la diagnostica, ha portato l’efficacia della cardiochirurgia a livelli insperati.
Quello che in questi ultimi trent’anni tale disciplina ha regalato al mondo medico ed all’umanità intera è difficilmente descrivibile a parole, basta dire che la correzione delle malformazioni congenite, seguendo la procedura anatomica o fisiologica, è praticabile nel 95% dei casi.
Con uno sguardo proteso verso la ricerca, resta ancora di vitale importanza lo sforzo teso all’individuazione di eventuali tessuti atti a sostituire le parti del sistema cardiovascolare che non riescono ad autosvilupparsi.
Siamo finalmente arrivati al tema suggestivo del trapianto di cuore, il quale, dopo un primo periodo di applicazione esclusiva su soggetti in età adulta, fu successivamente sperimentato anche sui bambini. Per quel che concerne i risultati, ad una fase di grande entusiasmo si sono dovuti fare i conti con i grandi problemi che i farmaci antirigetto possono tutt’oggi dar luogo, specialmente negli infanti in fase di crescita, trattati con essi per un lungo periodo.
D’altro canto, attualmente gli scienziati stanno potenziando notevolmente le capacità di nuovi farmaci antirigetto ed in più hanno individuato le enormi possibilità che le cellule staminali potrebbero conferire ad un campo che ha dato tanto, ma ha ancora molto da offrire a tutti noi.
SCUOLE DI FORMAZIONE, UNIVERSITA´ E CORSI DI AGGIORNAMENTO
Il percorso formativo di un cardiochirurgo inizia con la laurea in Medicina e Chirurgia, in seguito alla quale ottiene la possibilità di poter optare per la specializzazione in Cardiochirurgia.
Tra le molte università italiane in cui è presente questa opportunità annoveriamo: l´Università degli Studi di Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti, Firenze, Genova, Milano, Modena e Reggio Emilia, Napoli, Palermo, Padova, Parma, Pavia, Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, Università Cattolica di Roma, Siena, Torino, Udine, Varese e Verona.
Ognuna di esse propone un corso specifico concernente la cardiochirurgia, come ad esempio la cardiochirurgia pediatrica, chirurgia cardiotoracica e trapianti, cardiologia interventistica, malattie toraciche e cardiovascolari.
Per quel che riguarda i corsi d´aggiornamento, essi sono ben distribuiti in quasi tutte le regioni italiane. Tutte le informazioni ad essi relative sono consultabili sul sito www.ecm.org.
DIFFUSIONE IN ITALIA ED EFFICACIA SULLA POPOLAZIONE
Secondo gli ultimi dati registrati dall´AIC (Associzione Italiana Cardiopatici), annualmente in Italia, vengono individuati migliaia di individui affetti da malattie cardiovascolari.
Le varie statistiche concernenti questo settore, non riportano però solamente esiti negativi, infatti, soprattutto negli ultimi anni, la cardiologia e la cardiochirurgia si sono unite in un felice connubio tanto da essere competitive, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, al livello internazionale.
Oggi tutte le regioni italiane offrono un cospicuo numero di dipartimenti cardiochirurgici nelle varie aziende ospedaliere delle province, al contrario di qualche decennio fa, dove l´operatività di questi reparti al sud Italia non poteva neanche entrare in competizione con il Nord o il Centro.
Anche per quel che riguarda la ricerca nella disciplina, sono sempre più frequenti le scuole di specializzazione e le aziende ospedaliere che possono contare su nuove branche mediche, dove trovano applicazione gli ultimi ritrovati tecnologici e scientifici. Basti pensare alla cardiologia interventistica od alla chirurgia mini-invasiva, od alla trapiantologia. Assai suggestive sono le innumerevoli possibilità di applicare la robotica in questo settore così delicato e complesso.
Per il futuro quindi, la parola d’ordine è “integrazione”, non solo delle varie scoperte interdisciplinari, ma anche dei progressi e dei risultati che giorno per giorno consentono di espandere quel bagaglio comune di conoscenza che necessariamente deve accomunare tutti i centri al livello nazionale ed internazionale. In altre parole, nell’era della globalità è impensabile portare avanti delle realtà isolate, che non comunichino e condividano le preziose informazioni che, alla luce di un sano confronto, rappresentano certamente una fonte universale di arricchimento comune.
TRATTATO DESCRITTIVO
Prima di passare in rassegna le notevoli applicazioni che la recente scoperta medica rende oggigiorno possibile, riguardo agli interventi cardiochirurgici, vi offriamo, come ulteriore strumento informativo, questo rapido accenno delle caratteristiche del cuore e del suo funzionamento.
Il cuore ha le dimensioni di circa un pugno, ed è un muscolo che risiede nel centro della gabbia toracica e dello sterno, da cui è protetto. Per la precisione, l’organo vitale per eccellenza, si trova leggermente sulla sinistra ed il muscolo che lo aziona è definito miocardio. Esso non è altro che la pompa che si occupa della circolazione sanguigna in tutto il corpo umano.
Il miocardio è composto dalle valvole cardiache, (in numero di quattro), le arterie coronarie ed il sistema di conduzione elettrico. Queste parti sono indispensabili nella funzionalità del cuore, il quale in condizioni normali registra centomila battiti al giorno.
Semplificando, il sangue che il cuore provvede a pompare è adibito a trasmettere ossigeno e nutrimento alle cellule ed i vari tessuti e nel contempo spazza via le impurità che trova sul proprio cammino.
Il cuore presenta al proprio interno quattro cavità, che sono: l’atrio destro, l’atrio sinistro, il ventricolo sinistro ed il ventricolo destro. Se guardiamo più nel dettaglio il meccanismo che le coinvolge nella circolazione sanguigna scopriamo che: la parte destra del cuore, dopo aver irrorato d’ossigeno e di nutrimento i tessuti del corpo, accoglie il sangue mediante la vena cava superiore ed inferiore. Poi, questo prezioso liquido rosso è pompato nei polmoni per mezzo dell’arteria polmonare, la quale fornisce al cuore dell’ossigeno nuovo. Dopodiché il sangue si sposta nuovamente nel settore sinistro del cuore, detto atrio sinistro, ed è proprio da lì che esso viene inviato in tutto l’organismo, mediante l’ aorta e le arterie minori che da essa partono, dividendosi come tanti piccoli affluenti. La caratteristica indispensabile del ventricolo sinistro è ovviamente quella di possedere l’energia necessaria affinché il sangue possa essere pompato verso tutte le parti del corpo, proprio per questo motivo esso è più spesso dello speculare ventricolo che si trova nella parte destra.
Vediamo ora alcune delle patologie che possono affliggere il cuore, tenendo conto che il sistema cardiovascolare può essere colpito in una o più parti, e che i molteplici disturbi riscontrabili danno luogo a loro volta a sintomatologie differenti.
Malattia Coronarica
Quando i vasi sanguigni si restringono o sono ostruiti, siamo in presenza della aterosclerosi coronaria, la quale è una malattia coronarica, che comporta il restringimento o l´ostruzione dei vasi sanguigni responsabili di condurre il sangue al cuore. I grassi che potenzialmente si accumulano nello spessore della parete delle arterie, determinano il restringimento dei vasi sanguigni. Quel che definiamo colesterolo, i trigliceridi ed il calcio, sono gli agenti della diminuzione del flusso sanguigno. Questo comporta un limitato rifornimento di ossigeno al muscolo del cuore, che a livello sintomatico provoca del dolore al petto, detto angina pectoris. L’infarto miocardico giunge nel momento in cui viene ostruita nella sua interezza l’arteria coronaria. In tal caso, quella porzione del muscolo del cuore, che generalmente è da essa alimentata, non può più muoversi e cessa di vivere. La ricerca pone in rilievo l’estrema importanza dell’individuazione di quelli che sono i fattori di rischio che comportano l’insorgere della malattia coronaria e nel contempo suggerisce le necessarie precauzioni da seguire se si vuole evitare questa aterosclerosi, primo fra tutti chiaramente è la garanzia che uno stile di vita sano è in grado di conferire, grazie alla consapevolezza di ciò che rischia di compromettere irrimediabilmente la qualità della vita.
I sintomi dell’angina, sono spesso una sorta di pressione nella zona toracica ed un dolore non eccessivamente acuto. Ciò che la determina è a volte un forte sovraccarico al livello fisico, anche nel caso di gesti ordinari, come salire le scale e persino camminare, od un trauma od uno stress emotivo, come una forte paura od un’esagerata tendenza all’ansia ed all’agitazione nella persona. Altre cause dell’angina possono essere semplicemente il freddo od una eccessiva ingestione di alimenti, oltre naturalmente il fumo e l’assunzione di bevande alcoliche. L’angina deriva anche essa da un’ostruzione delle arterie coronarie. Il verificarsi di questo disturbo sta a segnalare che è avvenuta una momentanea riduzione del flusso sanguigno e di riflesso il muscolo cardiaco ha ricevuto meno ossigeno di quello normalmente necessario per una naturale attività cardiaca. E’ evidente che l’angina possa preludere ad un vero e proprio infarto miocardico. A livello diagnostico, gli strumenti che permettono l’identificazione dell’angina possono essere l’elettrocardiogramma, il test da sforzo, la scintigrafia o l’ecocardiogramma. Le contromisure più efficaci a tale patologia possono andare dall’assunzione di farmaci che diminuiscano il carico di lavoro del cuore, all’utilizzo di un palloncino con il quale viene dilatato il restringimento dell’arteria coronaria e riattivato nuovamente un normale flusso sanguigno, denominato “angioplastica”, alla vera è propria operazione chirurgica di bypass aortocoronarico.
Come per moltissime malattie, il correggere anzitempo i cosiddetti “fattori di rischio”, è determinante per la prevenzione.
Trattando le malattie che possono interessare le valvole del cuore, vi sono alcune cause che ne possono determinare il non corretto funzionamento e portare tali organi incontro a delle fasi degenerative che non permettono a queste valvole di aprirsi o di chiudersi nella loro completezza.
Questi disturbi che affliggono le valvole cardiache possono essere ricondotti ad alcune di queste cause:
– malformazioni che hanno luogo fin dalla nascita dell’individuo;
– endocardite;
– febbre reumatica;
– effetto provocato dalla degenerazione dovuta alla vecchiaia;
– conseguenza di una precedente malattia coronaria che ha danneggiato la caratteristica dilatatoria o contrattile del cuore.
In base a ciò che si è accennato circa il funzionamento del nostro organo principale, com’è facilmente intuibile, la parte sinistra ha più probabilità di essere compromessa della parte destra del cuore. Per la diagnosi della patologia valvolare, è assai utile l’ausilio dell’ecocardiogramma, il quale specificamente misura il flusso del sangue attraverso la valvola stessa. Anche una radiografia del torace ed il classico elettrocardiogramma possono aiutare il medico nella scelta della contromisura più idonea, anche se spesso l’ultima decisione viene operata in sede chirurgica, dopo una visione diretta dell’effettivo stato della valvola.
Trattando brevemente del sopraccitato infarto miocardico, che avviene in seguito all’ improvvisa ostruzione di un’arteria coronaria, la quale debilita anche irreversibilmente il muscolo cardiaco, è doveroso sottolineare che molti pazienti sopravvivono a questo tipo di infarto. Solitamente, la causa principale di decesso può essere l’eccessiva estensione della parte del miocardio compromessa o un disturbo ritmico, che in entrambi casi conducono al fermarsi del cuore.
Per tutto ciò che stato menzionato fino a qui, vorremmo completare il quadro con alcune riflessioni circa le caratteristiche tecniche di altri importanti interventi cardiochirurgici e gli strumenti utilizzati.
Nel caso di interventi a cuore aperto, eseguiti sul cuore e sull’aorta, è necessario servirsi della macchina cuore-polmone, la quale sostituisce durante l’intera operazione la funzione di pompaggio del cuore e la conseguente ossigenazione sanguigna. In sostanza il cuore viene fermato mediante un composto particolare, denominato cardioplegia, che lo mantiene protetto durante l’intervento, mentre il paziente è tenuto in vita grazie alla macchina cuore-polmone. Questa macchina permette dapprima al sangue di essere pompato tramite una membrana che è in grado di ossigenarlo, fungendo in sostanza da veri e propri polmoni, dopodiché essa si occupa di farlo circolare in tutto il corpo. Nel frattempo il chirurgo può operare su un cuore inerte e liberato del sangue che durante la normale attività disturberebbe la riuscita dell’intervento. Soprattutto in caso di chirurgia valvolare e delle malattie congenite del cuore, tale dispositivo è fondamentale per consentire al medico di aprire il cuore ed operare all’interno di esso. Ovviamente, al termine dell’operazione il corpo subisce un trattamento atto alla graduale ripresa della normale attività cardio-polmonare, in cui ad esempio il cuore, che era stato portato ad una bassa temperatura, viene riscaldato e stimolato affinché riprenda le contrazioni regolari.
Esaminiamo ora più nel dettaglio come la chirurgia delle arterie coronarie, quando si utilizza il bypass aortocoronarico, permette attraverso di esso la creazione di nuovi canali di circolazione atti ad evitare le ostruzioni formatesi nei vecchi condotti, nei quali il sangue era bloccato. Grazie all’introduzione di una vena o di un’arteria o di un vaso sanguigno, prelevato da un’altra parte del corpo del paziente ed inserito nella posizione chiave per consentire la conduzione del sangue all’arteria coronaria, la parte compromessa dell’arteria è così aggirata.
Ma la tecnologia applicata alle possibilità diagnostiche e di operazione delle patologie cardiache, permette oggi di poter esplorare il cuore con precisione infinitesimale ed al contempo utilizzare gli ultimissimi apparati robotici che consentono spesso al paziente di beneficiare di tempi di recupero assai più brevi rispetto alle tradizionali tecniche invasive.
Grazie a queste nuove tecniche, una buona percentuale di interventi possono essere risolti con meno rischi e meno traumi, per i degenti che devono essere sottoposti ad operazioni di by-pass o sostituzione delle valvole. In alcuni casi è possibile praticare l’operazione detta a cuore battente, dove per l’appunto non si utilizza la macchina cuore-polmoni, ma i by-pass vengono praticati durante la normale funzionalità cardiaca e, grazie ad alcuni strumenti sofisticati, vengono bloccate solo le relative coronarie da operare.